giugno 22, 2006

L'ITALIA da paese d'emigrazione a paese d'immigrazione.

di Nunzio Famoso

Emblematico quanto va verificandosi nel Mediterraneo dove, a causa del formarsi di un grande circuito migratorio, è in atto un duro confronto essendone il nostro paese proprio al centro. Perché anche nel nostro paese la questione della società multietnica comincia ad essere all'ordine del giorno, precisamente da quando è avvenuta, negli anni '70, la trasformazione dell'Italia da paese d'emigrazione a paese d'immigrazione, consolidandosi poi nel decennio appena trascorso.

Nel 1972, per la prima volta, il saldo migratorio diviene positivo, segno evidente che i movimenti migratori italiani stavano voltando pagina. Di lì a poco è un susseguirsi d'immigrati: sono i tunisini occupati nelle barche da pesca di Mazara del Vallo, gli jugoslavi che lavorano nei cantieri del Friuli, le filippine e le capoverdiane a servizio nelle grandi città, i cinesi che iniziano ad aprire i primi ristoranti. Il flusso si va vieppiù consolidando tanto da richiedere una aggiornamento della materia, la cui normativa è assai datata. Con la legge 943 del 1986 e la legge 39 del 1990 viene data una regolamentazione più organica e puntuale alla materia. Il problema immigrazione diventa un punto importante nel dibattito politico. Da un quasi generale atteggiamento di benevola accettazione degli immigrati si passa, nel giro di pochi mesi, ad una progressiva precisazione e differenziazione delle posizioni.

Il 31 dicembre 1990 gli stranieri con permesso di soggiorno erano 781.000. Circa un terzo proveniva da paesi sviluppati: Europa occidentale, Nord America, Giappone e Oceania. Dei restanti due terzi, 73.000 erano originari dell'Europa Orientale, 239.000 dell'Africa, 65.000 dell'America latina e 140.000 dell'Asia.

L'area di provenienza, come si può vedere, appariva sorprendentemente vasta. Da lì a poco il numero degli immigrati era destinato a salire vertiginosamente ed oggi si parla, in una stima realistica, fra regolari e clandestini, di un numero almeno doppio. L'Italia scopre che ha confini malsicuri e controlli interni incerti tanto che la normativa recente, peraltro in sintonia con il resto d'Europa, punta a politiche restrittive e di polizia. La presenza degli immigrati attualmente è diffusa in tutte le aree territoriali anche se in modo non uniforme. Si trovano maggiormente impegnati in lavori umili o infimi o più spesso in attività dell'economia sommersa.

Ma consideriamo quanto vanno sostenendo i demografi, che prevedono nel prossimo futuro sull'Europa e sul Mediterraneo, un cambiamento epocale. Al crollo delle nascite e all'allungamento della vita umana in Europa, dove si sta rovesciando la tradizionale piramide demografica, si contrappone una situazione demografica dei paesi dell'Africa settentrionale segnata da un aumento senza precedenti della popolazione e da un forte incremento dei flussi migratori tutt'intorno all'Europa, dovuto a motivi di ordine socio-politico. L'Europa e l'Italia soprattutto si dovrebbero trasformare nei prossimi anni in un grande imbuto, accentuando il loro carattere multirazziale.

Ancora più marcatamente di ieri l'Italia, che giunge per ultima in Europa al confronto etnico, si troverà ad affrontare i problemi connessi ad una convivenza difficile fra le diverse etnie. Converrà allora prepararsi a nuovi movimenti migratori perché, mentre le distanze economiche fra le varie aree sembrano aumentare, per converso si va riducendo lo spazio che separa i migranti dalle loro destinazioni. I territori d'esodo sono sempre più vicini ai territori d'arrivo in forza della straordinaria capacità di mettersi in viaggio e pervenire nei luoghi desiderati. Ciò vuol dire che la mobilità sarà ancor più ampia ed articolata entro un mondo che riduce fino ad annullarli gli spazi di incomunicabilità, mentre i gruppi umani e le diverse etnie dovranno trovare tempi e modi per comunicare e convivere, in tempi rapidi. L'Europa in un futuro vicino sarà una grande area di immigrazione e di rifugio; essa sopporterà una pressione demografica straordinaria tale da ridisegnare il suo volto culturale, sociale ed etno-linguistico. Si tratterà di una sfida: la posta in palio è un'identità culturale da ricostruire dove saranno in gioco il benessere economico e le forme della convivenza politica. Che andrebbero ripensate per dare accoglienza ai nuovi arrivati.

E tuttavia due sembrano le prospettive che si aprono all'Europa incerta sul da farsi: o chiudersi in una "fortezza" diffidando dei nuovi venuti ed isolandosi nel mondo, ovvero assumere un carattere aperto accogliendo i nuovi arrivati nel quadro di una nuova visione di solidarietà e cooperazione.

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