giugno 22, 2006

MOVIMENTI MIGRATORI, DIVERSITÀ E CONVIVENZA

UN MONDO IN MOVIMENTO. L'EUROPA AL BIVIO

di Nunzio Famoso

Le migrazioni hanno caratterizzato la storia dell'uomo sin dalle origini.Lo spostamento dell'uomo a "branchi" in epoca preistorica, le ricorrenti invasioni delle popolazioni dell'Asia orientale, i movimenti di popolazioni provenienti dalla penisola arabica, la colonizzazione greca e romana, i trasferimenti coatti degli schiavi, le ondate di barbari provenienti dall'Europa orientale e, infine, i movimenti diretti verso le città a fini commerciali ne sono testimonianza.

Tuttavia la dislocazione da un luogo all'altro in epoca preistorica, protostorica ed antica riguarda ristretti gruppi umani e si muove entro spazi limitati, nel quadro di una circolazione degli uomini sulla terra dettata da ragioni oggi non più proponibili tant'è che gli studiosi cominciano a parlare di vere e proprie migrazioni, cioè grandi spostamenti di uomini, a datare dall'età moderna.

Saranno la conquista del Nuovo Mondo , lo sviluppo degli scambi commerciali e delle reti di rapporti che, integrando la popolazione mondiale in un unico sistema migratorio, apriranno una fase nuova.

Ma anche nella fase della colonizzazione, che si è protratta fino al nostro secolo, i movimenti di popolazione hanno avuto scansioni diverse nel tempo e nello spazio.

Possiamo così schematizzare:

Nella prima fase ( XVI - XVIII sec. ) a una debole mobilità interna dovuta a motivi di lavoro, si contrappone una direttrice extraeuropea che si convoglia in due grandi migrazioni transoceaniche: il trasferimento di 2/3 milioni di europei verso le colonie del Nuovo Mondo - in gran parte forzati - e lo spostamento di circa 7,5 milioni di africani, deportati come schiavi, dal costa occidentale verso le colonie del Nuovo Mondo.

Nella seconda fase si è in presenza di una successiva, grande ondata migratoria, di provenienza europea, questa ha inizio con il periodo della grandi rivoluzioni democratiche e demografiche della fine del XVIII e prosegue per tutto il XIX secolo. In questo periodo si assiste ad un progressivo consolidamento delle correnti migratorie dall'Europa verso i nuovi continenti ( America e Australia ).

Nella terza fase gli squilibri e i divari regionali, resi acuti dalla rivoluzione industriale, accentueranno la poderosa spinta migratoria verso i territori d'oltremare la quale tocca il suo apice tra il 1840 e il 1930, interessando nel complesso 52 milioni di europei. Da sottolineare che il periodo tra le due guerre è caratterizzato da tipologie migratorie assai diversificate

La quarta fase si prolunga fino ai giorni nostri. In questo periodo si calcola che dal 1945 e il 1972 solo pochi paesi abbiano ricevuto un'immigrazione netta di 13,9 milioni di persone ( di cui 9,2 milioni solo gli Stati Uniti.

Di fronte a fenomeni di proporzioni così gigantesche e di natura complessa possiamo a ragione parlare di costanti nella storia. Non già un insopprimibile ed innata vocazione spinge milioni di uomini, donne e bambini ad abbandonare le loro residenza originarie ed abituali, andando incontro ad indicibili disagi e sofferenze, quanto la povertà, la fame, la catastrofe economica, la guerra, i disastri naturali, l'assoluta mancanza dei diritti fondamentali della persona umana.

Sostituendo alla parola fame il termine emigrazione, che spesso ne è una conseguenza diretta, potremmo chiederci con Josuè de Castro "L'emigrazione è un fenomeno naturale, è ineluttabile al pari della morte ovvero una piaga sociale creata dall'uomo?". Ed assieme a De Castro converrà concludere che "L'emigrazione è una piaga sociale creata dall'uomo e l'uomo può vincerla purché voglia e sappia farlo". Ma al momento il fenomeno non sembra ridursi, semmai sembra sfociare in tensioni e conflitti a misura che avanza l'inevitabile confronto fra idee, culture, tradizioni di popoli diversi

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